Local e global, solo entità astratte…
I confini tra “local” e “global” non esistono più, se non nelle paure e nei bug formativi e culturali di chi ignora le innovazioni le opportunità e le potenzialità delle web tecnologies .
E l’impresa, per sopravvivere ai cambi delle modalità di accesso a servizi e beni d’ogni genere e tipo, per riuscire a trattenere la propria clientela e riprendere la propria fetta di mercato, salvando e/o incrementare i fatturati, deve imparare a muoversi e ragionare come big Companies o delle multinazionali, pur disponendo di meno di (?) un centesimo delle loro risorse economiche.
Questo, per quanto possa sembrare paradossale, è un aspetto, non marginale, della realtà nella quale si troveranno a dover operare e convivere migliaia di PMI e startup, in era coronavirus e, salvo ulteriori “sorprese”, anche negli anni a venire.
Forse non è a tutti chiaro, ma ciò comporterà il complicarsi di alcuni aspetti organizzativi e l’attivazione di funzioni “evolute” dei rapporti e processi inter-aziendali, ai quali il 90% delle imprese tradizionali / old style, non è, oggi, assolutamente in grado di provvedere autonomamente in maniera efficiente e, soprattutto, con la speranza che, l’intento, sia anche remunerativo.
Così come i Big players, leaders globali dei mercati, prossimamente, anche il negozio dietro l’angolo, lo stores di quartiere e la catena di negozi inter-provinciale, dovranno imparare a farsi notare, dialogare con più pubblici e quindi competere “online”, con colossi del calibro di Amazon, Alibaba, Ebay, … ossia i mega-retailer generalisti e omni-comprensivi che hanno, di fatto, già colonizzato il mondo. Gli unici organismi commerciali, che usciranno da quest’emergenza planetaria, appena ammaccati, se non addirittura in proiezione, fortificati, pur essendo passati anche loro in una tempesta in cui altri, sono spariti.
Ciò, per chi non l’ha capito in termini pratici, significa che se si vorrà anche solo “scalfire” il loro predominio, ovviamente a livello di creare piccole egemonie geo-localizzate, entro le quali bisognerà trovare il modo per essere più rumorosi, attraenti e convincenti di loro. Ossia sforzarsi continuamente per assecondare capricci, pulsioni e umori cangianti della clientela e dell’ambiente in cui si opera; ri-organizzandosi sin dalle fondamenta per attuare una sorta di metamorfismo darwiniano senza però stravolgere indole, qualità e identità originali, visto che queste componenti, avevano esercitato il loro onesto e meritato “appeal” sui clienti-consumatori, prima del Covid19 e, a ragion di logica, non c’è motivo per cui non possano continuare ad esercitarlo, anche dopo.
Tutto ciò, solo per dire che si dovrà riuscire a essere visibili (e offrirsi) su mercati digitali in Italia e anche all’estero; contesti “alieni ai più”, in cui si susseguono veri e propri stravolgimenti comportamentali dell’utenza, a ritmi che si ritenevano (prima) impossibili; trimestrali, mensili, settimanali, … e, in taluni casi, anche quotidiani.
In qualità di consulenti strategici, ci rivolgiamo a imprenditori e manager d’ogni genere e profilo, con bagagli d’esperienza e “culture d’impresa” tra loro molto differenti; spiegando loro come, con l’aiuto del marketing strategico, la loro azienda può progettare e guidare “attivamente” i propri cambi evolutivi; e che deve farlo continuamente, se non vuole essere sorpresa (e sopraffatta) dai cambiamenti degli altri e ritrovarsi, affannosamente, ad inseguire.
Nel 2020, con il covid-19 ancora circolante e tutto ciò che comporterà la ripresa, a macchia di leopardo, dell’economia nazionale, europea e mondiale. Questa del “fare la prima mossa” è una logica operativa che assumerà, nel contesto, ulteriore valore, perché finirà per divenire una discriminante neo-competitiva, oggi molto più che ieri.
Giuseppe Urso / per Reboot Criteria